Scandalo Cambridge Analytica: Facebook crolla in borsa

la Redazione

Oltre 50 milioni di dati personali provenienti dal più noto Social Network, sono state acquisite dalla Cambridge Analytica.

Crollano le azioni in borsa di Facebook e il suo presidente chiede “scusa”.

Alcune settimane fa il grande colosso americano Facebook, guidato da Mark Zuckerberg, è stato implicato in uno scandalo, che ha fatto crollare notevolmente le sue azioni in borsa con un ribasso del 6,77%.

Ha fatto notizia anche che la sua ricchezza personale sia, dunque scesa, da 75 miliardi di dollari a 66 miliardi.

A causare questo crollo sono stati l’acquisto e l’utilizzo di dati personali di 51 milioni di profili di elettori americani da parte della Cambridge Analytica, un istituto di ricerca specializzato nell’analisi psicometrica degli utenti dei social network.

Ma come ha fatto la Cambridge Analytica ad entrare in possesso di questi dati?

Tutto inizia nel 2015 quando Aleksander Kogan, crea un’app, “This is your digital life”, che permette agli utenti di avere profili psicologici secondo le loro attività online, registrandosi su Facebook.

È stata scaricata da 270.000 persone, anche se non si tratta di un’app con fini psicologici; grazie alla posizione geografica, le pagine seguite e ai vari contenuti, si è avuto accesso ai dati degli utenti.

Questa pratica all’epoca è stata subito bloccata da Facebook, ma in poco tempo Kogan ha raccolto un enorme archivio di dati che ha in seguito condiviso con Cambridge Analytica.

Quest’ultima, quando è stata a servizio della campagna elettorale di Donald Trump nel 2016, avrebbe usato questi dati per influenzare il voto, non solo riguardo alla politica americana, ma anche riguardo alla Brexit.

Il 25 marzo 2018 Zuckerbeg ha pubblicato sui quotidiani britannici e americani una lettera indirizzata a tutti gli utenti, per scusarsi del suo “tradimento”.

Nel giorno in cui è stata autorizzata la perquisizione presso la sede di Cambridge Analytica, il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg è stato convocato dinanzi alla Commissione Commercio del Senato USA per rilasciare le sue testimonianze.

Questa vicenda ci fa riflettere e probabilmente ci servirà a capire meglio quanto sia importante difendere la nostra privacy.