PNRR e lotta alla dispersione: dalla Scuola 4.0 al Docente Empatico

di Samuel Mingolla

Non c’è che dire!

Oggi, più che mai, le scuole europee sono chiamate a stare al passo con i tempi e contrastare la potenziale dispersione causata dal post-covid e, in qualità di europei, anche noi siamo coinvolti da tale trasformazione.

Per tale ragione, accogliendo le direttive UE, con decreto del 14 giugno 2022 il Ministro dell’Istruzione adotta e promuove il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), un piano di investimento che mira alla formazione di quella che potremmo definire “Scuola 4.0” orientato ad impedire la dispersione dei ragazzi dalle scuole.

A definire, poi, modalità di attribuzione e destinatari dei fondi riservati al Piano ci pensa la promulgazione del decreto del Ministro dell’Istruzione dell’8 agosto 2022.

Gli obiettivi principali di questo progetto riguardano vari aspetti: la trasformazione delle aule in ambienti di apprendimento innovativi, la realizzazione di laboratori per le professioni digitali del futuro, le modifiche, qualora necessarie, al sistema apprendimento-insegnamento.

Il Piano Nazionale di Ripresa consente alle scuole di inserire, tramite la piattaforma web, una prima proposta progettuale di innovazione da attuare nei singoli istituti e, successivamente, un vero e proprio progetto esecutivo.

Alle istituzioni scolastiche, in attuazione del Piano “scuola 4.0” viene chiesto di proporre delle sostanziali migliorie al sistema scolastico.

Ma quali potrebbero essere, dal punto di vista di uno studente le innovazioni utili?

Provo a dare una risposta personale e lo faccio da ex alunno disperso.

Sì, perché mi chiamo Samuel ed ho trenta anni.

Ho lasciato la scuola nel 2011, all’età di 16 anni.

Se oggi qualcuno mi chiedesse di elencare i motivi per cui i ragazzi lasciano la scuola, probabilmente finirei per scrivere un romanzo… potrei farlo, visto che la passione per la scrittura mi accompagna dalla tenera età di sette anni, ma lo spazio giornalistico mi invita a restare sul pezzo.

Quindi ritorno al tema di fondo: la dispersione.

Innanzitutto, per capire perché la maggior parte dei giovani non ama particolarmente la scuola, dovrei mettermi nei panni di un sedicenne.

Nello specifico voglio entrare, o meglio rientrare, nella testa di quel sedicenne che lasciò la scuola con l’intenzione di tuffarsi nel mondo del lavoro.

“Tuffarsi” è il termine che descrive perfettamente ciò che accade quando si abbandona la scuola prima del tempo…

Quando ci si tuffa in un mare che non si conosce, senza sapere quanto spazio intercorre fra la sabbia sottostante e l’acqua in superficie, si rischia seriamente di farsi male.

In breve, sono passato da “lascio la scuola perché voglio lavorare” a “lascio la scuola perché voglio lavorare… ma prima di tutto devo trovare un lavoro”!

È difficile spiegare quello che accade nella testa di un sedicenne.

Forse è più facile capire il modo in cui bisognerebbe trattare un giovane per sollecitarlo allo studio, per fargli comprendere quanto oggi sia importante avere un diploma (e ancora meglio una laurea), per impedire che la voglia di mettersi in gioco sia superata in men che non si dica dalla voglia di evadere da un sistema scolastico che, ahimè, spesso non funziona come dovrebbe.

I professori dovrebbero essere scelti da figure professionali, psicologi, da persone che conoscono particolarmente il mondo interiore di un adolescente o di un bambino.

Credo, e questa è una mia personalissima opinione, che il mondo abbia bisogno di docenti che sappiano insegnare come vivere, prima ancora che insegnare come svolgere un’equazione.

Non è un biasimo o un rimprovero.

Il mio è semplicemente un invito a riflettere su quali virtù dovrebbe possedere una persona per poter meritare il titolo di docente.

Accade spesso che l’ultimo della classe sia trattato come “l’ultimo della classe”.

Non esiste cosa più sbagliata che far sedere all’ultimo banco proprio quell’alunno che avrebbe bisogno di stare al primo banco.

L’alunno con problemi di concentrazione, scarsa voglia di studiare (ci mettiamo anche dei problemi in famiglia?) meriterebbe le dovute attenzioni, altro che ultimo banco.

Si tratta di comprendere dove effettivamente bisogna apporre delle modifiche al sistema scolastico.

Ho scritto tutto ciò con l’auspicio che chiunque legga questo realizzi che spesso, o quasi sempre, il problema non è né l’alunno né il docente, bensì le distanze che intercorrono fra la prima e la seconda figura.

Si tratta di lavorare più sulle risorse umane che non sulle dotazioni tecnologiche.

Più empatia e meno tecnologia.

Vicinanza, empatia, dialogo, comprensione, professionalità, coraggio, entusiasmo.

Sono questi i termini che dovremmo considerare nell’ambito del PNRR.


15 marzo 2023