CAPORALATO E MAFIA

di Laura Leuzzi

Aspettando il 21 marzo, Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, il Presidio di Libera ci invita a riflettere sulle storie di quelle vittime, tra le quali ci sono anche due francavillesie tre giovani braccianti agricole di Ceglie Messapica, vittime del “caporalato”.

Lunedì 21 marzo 2022 si celebrerà la XXVII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, riconosciuta con voto unanime alla Camera dei Deputati ed istituita con la legge n. 20 dell’8 marzo 2017. Il 21 marzo 1996 a Roma, nella piazza del Campidoglio, fu celebrata la I Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie: una piccola manifestazione, pubblicizzata attraverso volantini distribuiti da alcuni studenti, sui quali era scritto: «Vogliamo ricordare tutti quelli di cui leggeremo il nome e quelli di cui non siamo riusciti a trovare informazioni sufficienti».

Alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, esponenti del mondo della cultura, dello spettacolo, dell’associazionismo e delle istituzioni lessero il primo elenco, che riportava il nome di trecento vittime innocenti delle mafie.

L’iniziativa nacque dal dolore di una madre che aveva perso il figlio nella strage di Capaci e non sentiva pronunciare mai il suo nome: il dolore, infatti, diventa ancor più forte se alla vittima viene negato anche il diritto di essere ricordata con il proprio nome.

Dal 1996 ad oggi, ogni anno, in diversi luoghi del Paese, viene letto un lungo elenco di nomi, che consacra il ricordo delle vittime innocenti delle mafie, del terrorismo, dell’adempimento del dovere, in modo che la memoria diventi un impegno civile quotidiano.

Il MIUR (Ministero dell’Istruzione e della Ricerca), promuove la partecipazione delle scuole a tale giornata, in collaborazione con l’associazione “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” che, fondata da Don Luigi Ciotti nel marzo del 1995, unisce una fitta rete di associazioni, realtà sociali e istituzioni scolastiche.

Quest’anno “Libera” ha scelto Napoli come “piazza” principale per la celebrazione della giornata, ma simultaneamente, in centinaia di luoghi in Italia, in Europa, in Africa e in America Latina, si terranno momenti di riflessione, di approfondimento e di incontro.

Anche nella città degli Imperiali, il Presidio di Libera, al quale aderisce l’ITST “E. Fermi”, ha organizzato una serie di incontri che avranno, come momento centrale, una manifestazione che si svolgerà nella mattina di lunedì 21 marzo, in Piazza Dante e culminerà nella lettura dei nomi delle vittime innocenti delle mafie.

Tra di esse ci sono i francavillesi Francesco Ligorio e Carmelo Magli, e tre giovani ragazze originarie di Ceglie Messapica, vittime del “caporalato”.

Il caporalato è una forma illegale di reclutamento ed organizzazione della manodopera, in special modo di quella agricola, che si attua attraverso intermediari detti “caporali”.

Essi sono appaltatori clandestini di lavoratori agricoli, che assumono operai giornalieri per conto dell’imprenditore, percependo in cambio una “tangente”.

Pesanti orari di lavoro, da prima dell’alba a dopo il tramonto, assunzioni abusive, salari al di sotto delle tariffe contrattuali, traporto improvvisato, assenza di controlli, violazione delle norme di sicurezza sul lavoro caratterizzano il caporalato.

Ecco perché esso è illegale.

Queste erano anche le condizioni in cui lavoravano tre giovani braccianti agricole di Ceglie Messapica, Pompea Argentiero(16 anni), Lucia Altavilla(17 anni) e Donata Lombardi (23 anni), reclutate per la raccolta delle fragole.

Pompea, Lucia e Donata partivano alle quattro del mattino e rientravano tra le 18 e le 19 di sera.

Rimanevano fuori casa per lavorare almeno 14-15 ore al giorno, guadagnando dalle 6 alle otto mila lire a fronte di una paga sindacale di 27 mila lire (13 euro).

Il 19 maggio del 1980, le tre giovani ragazze si erano alzate alle 3 del mattino, come ogni giorno, per farsi trovare al punto di raduno dal quale un furgone le avrebbe trasportate in un’azienda agricola fuori provincia.

Viaggiavano su Ford Transit (un pulmino) da 9 posti, sul quale erano però stipate 16 o più ragazze, sedute le une sulle gambe delle altre.

Dopo un’interminabile giornata di lavoro, verso le 16, risalirono sul pulmino, per affrontare il viaggio di ritorno, lungo circa tre ore.

Quel maledetto giorno però Pompea, Lucia e Donata non fecero più ritorno al loro paese.

Sulla superstrada Taranto-Brindisi, alle porte di Grottaglie, il pulmino su cui viaggiavano tentò di sorpassare un camion, che sostava sul ciglio della strada. Sbandando, andò a finire,con la fiancata destra, contro lo spigolo del rimorchio.

Le tre ragazze erano sedute proprio su quel lato.

Rita Mastantuono, poetessa cegliese, così scrisse per piangere la loro morte ingiusta e prematura:

«Non si può morire a 18 anni, interrompere la corsa sul prato appena iniziato.

Non si può morire a 18 anni in un giorno radioso di maggio.

Non si può morire a 18 anni, con l’odore dell’erba sul viso, alla prima nota di un canto spiegato per quel pugno di fragole rosse nel più rosso del sangue!”


19 marzo 2022