Primarie: in Italia e negli Stati Uniti

Di Davide Caforio

Questa è la stagione delle primarie, sia per l'Italia che per gli Stati Uniti d'America e dureranno fino all'estate. Negli Stati Uniti le primarie hanno una tradizione secolare.

Donald Trump sta spiazzando addirittura gli altri candidati della sua stessa parte.

Si permette anche di andare giù pesante con una conduttrice televisiva, di polemizzare col Papa e, cosa più importante, ha promesso persino l'espulsione in massa degli islamici, vietare loro l'ingresso e di bilanciare al meglio con un muro il confine messicano.

Per realizzare tutto questo dovrebbe venire eletto presidente e prima ancora diventare il candidato del partito repubblicano.

A tale scopo gli servono almeno 1.237 delegati. Successivamente coloro che otterranno la maggioranza andranno poi alle convention estive dei due partiti, da dove usciranno due nomi, uno democratico e uno repubblicano, che si sfideranno per conseguire la massima carica del pianeta.

E il voto di oggi si gioca tutto sulla Siria, sull'apertura del dialogo con l'Iran e sul terrorismo, sulla risorgenza della Guerra Fredda con la Russia.

Le ostinazioni di sicurezza a scapito dell'avversario e le reciproche richieste di “political correctness” sembrano una rievocazione dello scontro Kennedy-Nixon alle presidenziali del 1960.

Il trionfatore delle primarie italiane deve, come il suo omologo americano, conquistare emotivamente l'opinione pubblica. E infine sia qui che negli Stati Uniti resta una domanda: vince il migliore o il più abile?